domenica 27 marzo 2011

Benvenuti,bentornati o benrimasti all'ABC


Siamo ancora tutti qui, dopo mesi, dopo anni siamo ancora all'ABC. L'ABC con il parquet, l'ABC col vai e vieni di singolari personaggi, l'ABC che fa il teatro, che pianta tulipani e gerani, che dipinge tutti i giorni e se non lo fa c'è sempre qualcuno a ricordarti che bisogna farlo, o che ti chiama alle due del pomeriggio per chiederti se i tulipani stanno bene e se i quadretti sono pronti. L'ABC con le vetrate colorate, piene piene ma sempre da riempire perchè i colori non sono mai abbastanza. Anche troppi forse, ma mai abbastanza. L'ABC con l'arcobaleno o arcobalone come lo chiama qualcuno, il cielo azzurro e il sole anche quando fuori piove o nevica, e le rondini anche quando non è primavera. L'ABC senza letti nè seggioloni ma col signor Scanch che bussa al 21A e che poi alla fine chiunque osi bussare al 21 diventa sempre il signor Scanch. L'ABC con la mailing list, e l'anagrafica da aggiornare ogni 6 minuti, sempre con una mail o un numero di telefono da aggiungere...e mail da mandare per promuovere un'interessante iniziativa, per organizzare una gita, una festa, un pranzo, una merenda, un laboratorio, per ricordare che a Pasqua siamo chiusi, forse, ma ad Agosto siamo aperti, e accorrete numerosi, e ricordatevi che si può pagare con assegno, contante o bonifico ma basta che pagate!
Ma l'ABC è sempre l'ABC: io, la dada, Gs, i nostri bambini. Vecchi, nuovi, persi e ritrovati. I nostri bambini sempre strani e unici, sennò che ABC sarebbe? E c'è quello che scappa e manda la lettera e poi lo incontri per strada tutti i giorni e ti dice che sì, deve passare..ma chi ci crede? qualcuno ci crede. E c'è quello che non dovrebbe passare, ma invece passa ed è come se niente fosse, e apri la porta e perdi 10 anni di vita, ma poi li riacquisti perchè in fondo, dai, chissenefrega.
E poi c'è quello che, si c'è anche quello che. E l'importante è che niente sia mai monotono lì dentro, perchè la monotonia invecchia e noi non ci possiamo permettere di invecchiare, con loro non ce lo possiamo permettere perchè la nostra età deve essere sempre la stessa negli anni..mese più mese meno ma sempre quella: 12-36!

domenica 25 aprile 2010

emozioni

Avevo 15 anni, era il primo giorno di scuola, seconda liceo, lo ricordo come se fosse ieri.
Forse perchè era ieri, forse perchè io e te, nonostante tutto, non siamo mai cambiate, siamo ancora quelle ragazzine.
Eri già seduta, al secondo banco, mi hai guardata. Io non ti conoscevo, se non di vista ma l'istinto mi ha guidato e mi son seduta accanto a te.
E tutto è cominciato.
Risate e lacrime.
Le canzoni di Grignani, di Ligabue parlavano di noi.
Soffrivamo come solo le quindicenni sanno soffrire, ma ridevamo come solo le quindicenni sanno ridere.
La gita a Roma, le frasi sul diario, le passeggiate sotto il sole e sotto la pioggia, il maledetto ultimo anno di liceo, con le nostre disperazioni di amori impossibili, infniti, strazianti, e le frasi estreme. Mi porterò il suo ultimo bacio nella tomba, se muoio chiamalo e digli che lo amo. Frasi pazze, da diciotenni pazze.
E le ore sui banchi di scuola, a ridere e soffrire per le ore di tedesco. L'esame di maturità, l'università, il non vedersi più ogni giorno e non perdersi mai.
Le tue lacrime alla mia laurea, le mie lacrime alla tua.
Ricordo ancora quel messaggio "Se il destino continua ad assisterci finiremo a casino assieme".
Il nostro abbraccio in piazza Repubblica prima della mia partenza per Bologna, la nostra prima vera separazione.
E' durata sei mesi. Il tuo arrivo all'aeroporto con una piccola valigia, che poi è diventata una casa, a cento metri dalla mia, e siamo diventate colleghe, e di nuovo compagne di banco. L'Abc, i nostri bambini, le passeggiate per il centro di Bologna, shopping e aperitivi, e ancora risate, lacrime, amori e dolori.
Tutto mi è passato davanti agli occhi in un minuto, mentre salivi su quel palchetto, e la sarta tirava la tenda, e tua mamma accanto a me aveva gli occhi lucidi, e anche Valentina, perchè vedeva un'amica che provava l'abito da sposa, ma non ha certo immaginato che per me non era cosi.
Io vedevo la quindicenne seduta su quel banco il primo giorno di scuola, la vedevo dopo quasi vent'anni salire su un palchetto per provare il suo abito da sposa.
Chissà quante volte in questi vent'anni abbiamo sognato questo momento. Chissà quante volte ci siamo dette che non sarebbe mai arrivato. E' solo un altro momento da aggiungere a tutti gli altri, e a quelli che verranno.
E per tutti questi momenti non posso che dirti grazie. Perchè il tempo passa, le vite scorrono, le cose cambiano. Ma noi no. Siamo sempre noi, due quindicenni pazze, sicure che la loro amicizia non cambierà mai.

mercoledì 31 marzo 2010

mulino bianco

Tutti sognano di avere una famiglia come quella del Mulino Bianco,io no.
Io se avessi una famiglia come quella sarei sempre incazzata.
La sveglia dovrei metterla almeno due ore e mezza prima di uscire perchè la colazione dura un'ora e mezza e per arrivare in cucina dovrei impiegare almeno un'ora per vestirmi e truccarmi e farmi la piega e levarmi dalla faccia l'espressione da ebete che ho appena alzata e stamparmi quel sorriso da "Ah come è bello svegliarsi la mattina alle 5!". Facciamo tre ore se ci sono tre bambini da svegliare e vestire. Io ho la sveglia mezz'ora prima di uscire ma non so come mai mi alzo sempre dieci minuti prima di uscire: il tempo di lavarmi. Niente colazione, niente trucco, niente piega: a volte riesco anche a pettinarmi però. Figuriamoci levare dalla faccia l'espressione da ebete.
Ponendo di impegnarmi a fare tutto ciò: dopo la sveglia alle 4,30/5 arriverei in cucina e troverei il marito sorridente con la colazione pronta: beh, niente male.
Vedo già il sorriso scomparire dal mio volto e la mia voce urlare contro al marito: "Ma sei deficienteeeee???????" Eh sì, il marito ha diligentemente scartato tutte le crostatine, i saccottini e le fette biscottate, una per una e le ha piazzate in bella vista su un cestino con le spighe di grano. E ha aperto la confezione del latte, del caffè, del tè, dei succhi di frutta, ha spremuto arance, limoni e pompelmi, ha aperto 6/7 barattoli di marmellata e un panetto di burro.
"Amore caro, poniamo che io sia affamata e mangi un saccottino, una crostatina, una spremuta e un caffè, lui anche...pensi di ripresentarmi domani mattina i restanti otto saccottini, 8 crostatine, 20 fette biscottate, marmellate, arance e agrumi vari, che passeranno 24 ore tra le spighe?
O pensi di buttare tutto e aprire altri sei pacchi di merendine???
Mente bacata!!!!
E pensare che per fare tutto questo hai piazzato la sveglia alle tre visto che sei bello sbarbato, incravattato e sorridente e sei anche andato per campi a raccogliere quelle belle spighe!
Io vado a lavorare, caro, tu cerca di lavare le tazze, i piattini, le caraffe, di far sparire quelle spighe del cavolo e soprattutto di toglierti quell'espressione da ebete dal volto che non c'è nulla da sorridere.
Ah dimenticavo, non far scuocere gli spaghetti anche stasera. Sì lo so che sono Barilla, la pasta che non scuoce, ma se mentre è in pentola tu stai a fantasticare sul nostro primo incontro in Giappone canticchiando do-re-mi-fa-sol-la-soool forse scuoce pure quella!".

venerdì 19 febbraio 2010

Mocia


Mocia è una nuova amica che ha fatto di recente la sua comparsa all'ABC, per la gioia dei bimbi, specialmente di quelli più grandi. Mocia è magra magra e ha una cascata di capelli lunghi, che lava due volte al giorno. Vive in un bilocale e ama fare shopping, lavarsi i capelli, ridere e ballare, fare l'ochetta coi maschietti e chiacchierare coi bimbi. Quando arriva Mocia i bimbi sono sempre felici e lei ama farsi accarezzare i capelli appena lavati. Mocia è fidanzata, il suo fidanzato si chiama Uncino ed è un capitano, ma non è il Capitan Uncino quello cattivo, del cartone di Peter Pan, ma è il Capitan Uncino quello della canzone (porta in alto la mano...) che è decisamente più sexy.
Quando arriva Mocia tutto il resto non conta.
Mocia è nata dall'esaurimento dovuto alle quasi dieci ore che io e la dada Gs passiamo all'Abc, ma per i bimbi è solo un'amica speciale.
E allora ben venga l'esaurimento, e ben venga Mocia!

Dada Delfina

lunedì 8 febbraio 2010

Una donna in corriera


Ci sono donne, e sono tantissime, che perdono tutto pur di inseguire la carriera.
Io ho perso un sacco di cose per inseguire la corriera. E alla fine ho perso anche la corriera, un sacco di volte.
Ognuno ha la sua carriera, e la segue per tutta la vita. Io corriere ne ho seguite tante; e il lato positivo è che se perdi la tua carriera è un casino recuperarla, se perdi la corriera dopo dieci minuti passa l'altra e al massimo hai perso dieci minuti. Questo succede sempre, tranne che con l'8- Monserrato. Perdere l'8 è quasi come perdere la carriera, forse anche perggio.
L'inizio della mia carriera di donna in corriera risale a tanto tempo fa, tantissimo tempo fa. Ma le corriere significative cominciano dal 1996.
La mia prima corriera si chiamava 5 barrato, o meglio 5/12. Nessuno ha mai capito perchè 5/12 e non ad esempio 5/9 o 5/36, ma del resto nessuno ha mai capito il sistema di numerazione delle corriere. Infatti ci sono numeri che non esistono nelle corriere. Cominciamo da Cagliari e proviamo ad andare in ordine.
La prima corriera è l'1. Non solo perchè è il primo numero ma anche perchè l'1 a Cagliari è la corriera più "popolare". Viaggiare sull'1 vuol dire essere perfettamente integrato nella vita cagliaritana. Chi prende l'1 va a Città Mercato, chi prende l'1 va a mangiare alla mensa universitaria, chi prende l'1 vive in centro, passa davanti al porto ma volendo può arrivare fino a Pirri. Chi prende l'1 può permettersi di rientrare tardi la sera, perchè l'1 viaggia fino a tardi e passa in Corso Vittorio Emanuele, la via dei locali notturni. Chi non ha mai preso l'1 è senza dubbio uno sfigato.
Il 2 non esiste; prendere il 2 a Cagliari significa andare a piedi. Si dice: "io prendo il 2!", si fa "due" con le dita, poi si capovolge la manina e si simulano due piedini che camminano. Chi prende il 2, dovunque debba andare, spesso arriva prima di chi prende l'1 per andare nello stesso posto.
Poi c'è il 3. Il 3 è la corriera dei fighetti, e ovviamente se la tira. Il 3 va al Quartiere del Sole, dove abitano i ricchi cagliaritani. Il 3 passa qualcosa come ogni 3 minuti ed è sempre puntuale, perchè le signore che abitano al quartiere del sole non possono stare ad aspettare troppo sotto il sole. Sul 3 non sale mai il controllore primo perchè i controllori non sono illimitati e sono troppo impegnati a mettere multe sull'1 e poi perchè sarebbe lavoro sprecato perchè quelli che prendono il 3 tanto hanno la tessera. E se capita che queste persone salgono sull'1 guardano con disprezzo i poveracci che prendono la multa. Ma non capita spesso che la signora del quartiere del sole salga sull'1, c'è puzza.
Il 4 non esiste. A limite potrebbe voler dire andare a piedi con un amico.
Ed eccoci arrivati al mitico 5, quello che un tempo era 5/12 e poi qualcuno si è accorto dell'idiozia e l'ha fatto diventare semplicemente 5!
Se prendi il 5 sei uno studente pendolare, perchè il 5 va dalla Stazione dei treni al magistero passando per ingegneria e poi torna indietro.
Sul 5 si sentono sempre gli stessi discorsi: esami andati bene, esami andati male, esami andati cosi cosi. Esami che potevano andare meglio e esami che potevano andare peggio. Nomi di professori simpatici e stronzi, lezioni pesanti e lezioni divertenti.
L'autista del 5 potrebbe prendere una laurea ad honorem in una decina di corsi, senza mai aprire libro.
Il 6 è la corriera che va a Genneruxi, altro quartiere abbastanza benestante, anche se meno fighetto del Quartiere del Sole; forse per il nome meno fighetto o forse per la sua vicinanza al cep. Il 6 è molto meno frequente del 3 e molto meno frequentato. Forse, ma è solo un'ipotesi, gli abitanti di Genneruxi escono meno degli abitanti del Quartiere del SOle?
Il 7 è chiamato anche Pollicino per le sue dimensioni ridottissime. Sul Pollicino ci staranno sì e no una decina di persone, ma non credo si siano mai trovate dieci persone, tutte assieme sul 7. Fa un giro strano, tipo zona Castello. I cagliaritani non vanno a visitare il Castello, e i turisti prendono il bus turistico, non il 7!
E un posto d'onore spetta sicuramente all'8! C'è persino un gruppo su Facebook che raccoglie tutti i fans della corriera numero 8 che va dalla Stazione dei treni alla Cittadella Universitaria di Monserrato, facendo un giro sfigatissimo di salite e discese e pianure e colline che tutte le volte ti chiedi "Ce la farà o non ce la farà?". Se sull'8 ci stanno 50 persone ne trovi in media 200, quelli dei quattro 8 che non sono passati prima. L'8 dovrebbe passare ogni 15 minuti ma se passa ogni 50 minuti sei già fortunato. Nessuno sa perchè e per come, ma è cosi, l'8 è l'autobus che tutti sanno che esiste ma in pochi lo vedono passare.
Il 9 è l'extraurbano che va da Cagliari a Decimomannu, passando per Assemini. Anche il 9 è sempre pieno perchè lo prendono tutti i lavoratori di Assemini e Decimo e le lavoratrici di Viale Elmas.
Il 10 è l'autobus sempre puntuale, sempre pulito, sempre comodo, sempre nuovo e sempre vuoto. Fa un tragitto brevissimo e passa per la zona pedonale. Fa un tragitto brevisssimo in un tempo lunghissimo perchè cammina a passo d'uomo, ma a passo d'uomo che passeggia e guarda le vetrine. Il 10 passeggia e fa le vasche in via Garibaldi, è perfettamente inutile prendere il 10 perchè chi va in via Garibaldi va per negozi, e se non vai per negozi e vai ad esempio a lavorare ti conviene comunque prendere il 2.
L'11 è l'autobus che va a Calamosca, alla caserma. Potrebbe anche essere un autobus interessante ma ai miei tempi in tanti si sarebbero chiesti che ci faceva una ragazza sull'11.
Il 13 è la corriera che fa il giro degli ospedali; puntualissimo, tanto che puoi scendere di casa un minuto prima che parta, età media 85 anni, discorsi che ti fanno venire la depressione: visite, esami, malattie, parenti ricoverati. Sul 13 ovviamente stai sempre in piedi se hai meno di 80 anni e devi fare solo una visita oculistica.
Saltando qualche numero si arriva al 30 e al 31. Il 30 e il 31 sono filobus, e ogni tanto il filo si stacca e l'autista deve scendere per riattaccarlo bloccando il traffico nella via più trafficata di Cagliari. Vanno entrambi nello stesso posto, facendo un pezzo del tragitto assieme e dividendosi successivamente per passare uno per la periferia est, l'altro per la periferia ovest, poi si incrociano e si scambiano la direzione per rientrare entrambi al punto di partenza. Sembra uno strano balletto che si potrebbe anche evitare, unendo le due linee in una sola, magari un pochino più puntuale!
Se i numeri non bastano ci sono le lettere: M, PQ e PF.
Molto coerenti, molto ordinati, molto lineari.
M= Monserrato; PQ= Poetto-Quartu; PF= Poetto-Flumini. Sembrerebbero le uniche corriere ad avere un senso.
Ho trascurato alcune corriere non molto significative per la mia carriera di donna in corriera: ad esempio il 16 che va alla Motorizzazione civile, che passa ogni 50 minuti dalle 9 alle 15 e se non riesci a prendere l'ultimo sei nei casini. Se non ti fanno dormire alla Motorizzazione puoi farti ospitare al campo nomadi lì vicino. Alla Motorizzazione è quindi meglio andarci in macchina anche se è un controsenso perchè si va alla Motorizzazione per prendere la patente. Meglio prendere la patente in autoscuola.
Ho lasciato Cagliari tre anni fa e continuo a inseguire la mia corriera. Dopo un anno di gavetta col 14 e il 21 mi posso rilassare col 29, sempre vuoto e sempre puntuale, posso viaggiare con le vecchine bolognesi di San Mamolo e rischiare di spezzarmi il collo quando sono in ritardo, slittando sui ghiacci dei colli bolognesi.
Tutto per non rischiare di perdere la mia importante corriera.

martedì 15 dicembre 2009

è una cosa cosi assurda che a me e te potrebbe benissimo capitare.

All' ABC le cose assurde capitano sempre. Perchè è l'ABC. Le cose cambiano, si evolvono, si trasformano. Ma l'ABC resta sempre l'ABC. Son passate 24 ore lunghe e corte come un sogno, che ti sembra siano passati dei giorni invece hai dormito due ore e ti chiedi come hai fatto a sognare tutte quelle cose in due ore. O viceversa, vai a letto, inizi a sognare e dopo cinque minuti di sogno suona la sveglia, e sono già passate sei ore. La telefonata della mamma in lacrime e singhiozzi per la decisione di mandare la propria bimba al comunale, perchè noi abbiamo qualcosa che loro non hanno. Un bambino fa cadere tutte le pastigliette di dolcificante della capa e sua madre le raccogllie e le rimette nella confezione, questo è solo un sogno. La nonna canta e prepara i costumini per Natale. La bimba che un anno e mezzo fa sembrava un caso disperato quest'anno farà la Madonna alla recita ed è la più brava di tutte. I primi regali di Natale sono i loro, sono regali preziosi, fatti col cuore grande di chi ci vuol bene davvero. Dopo tre mesi finalmente quella bimba entra al mattino e si butta in braccio, ce l'abbiamo fatta, ancora una volta, ma non avevamo dubbi. Una mamma depressa che non vuole andar via al mattino, dopo aver portato sua figlia. Forse vorrebbe stare a giocare con noi, forse si sentirebbe meglio. Tra pochi giorni ci sarà la recita di Natale, tutto è quasi pronto ma durante le prove io continuo ad affacciarmi alla capanna e a fare le smorfie, i bambini ridono e mi incitano perchè continui, io dico loro che il giorno della recita non lo potremo fare ma continuo a farlo, perchè loro si divertono, e io mi diverto.
Forse non avrò più il problema delle ore, delle sottrazioni, degli errori di calcolo. Chisseneffrega, si arrangeranno loro. Sì, loro, non più noi ma loro.
Io e la dada Gs ne abbiamo parlato spesso, dei compromessi.
Fare il lavoro che ci piace, nel posto che amiamo, coi nostri bambini, o rinunciare a tutto questo per avere un buon contratto, delle condizioni migliori, delle garanzie per il futuro? E' sempre stato un dilemma e il cuore ha sempre scelto per noi, ma prima o poi avremmo dovuto scegliere con la ragione. Sarebbe bello, l'abbiamo sempre detto, lavorare nel posto che amiamo, coi nostri bambini e con un buon contratto e delle condizioni migliori. Una cosa assurda forse, dada Gs.
Cosi assurda che a me e te potrebbe anche capitare.

Dada Delfina

giovedì 26 novembre 2009

ROMA CAPUT MUNDI


Lo scorso weekend sono stata a Roma con le mie zie e la mia cuginetta. Ho rivisto Roma dopo 16 anni. Rivedere una cosa-persona-città dopo 16 anni è qualcosa di indescrivibile credetemi se ve lo dico...e lo è alla mia età perchè 16 anni fa ero una bambina e ora sono una donna, e 16 anni alla mia età sono una vita, anzi sono due vite.
Ma Roma è sempre Roma. E ora, dopo 16 anni e dopo aver visto altre città posso affermare con certezza che Roma è la città più bella che io abbia mai visitato. E l'ultima città al mondo dove vorrei vivere.
Perchè Roma è una troia, è bella e sa di esserlo e se la tira un casino. Ti sbatte in faccia robe come il colosseo, tu scendi dal treno, esci dalla stazione, cammini per dieci minuti e lei ti sbatte in faccia 'sto coso che tu non te lo aspetti e per un attimo ti manca il respiro. E non puoi prendere un autobus perchè se ti perdi un angolo, una strada, una piazza, una chiesa, una pietra è un peccato mortale.
A Roma tutto è enorme, gigante, largo, alto. Non c'è una chiesina, una stradina, una piazzetta. Tu stai camminando, giri un angolo e lei ti sbatte in faccia qualcosa di enorme e meraviglioso e non puoi continuare a camminare con indifferenza, devi trattenere il respiro per quei cinque minuti, perchè non ce la fai.
E' la capitale d'Italia e ci sta tutta. Se lo merita mannaggia. Sta al centro d'Italia, si è conquistata tutto il mondo, bastarda e cattiva, è stata la padrona di mezzo mondo, se l'è preso.
Non potrei mai vivere a Roma.
Vivere in una città vuol dire alzarsi la mattina, fare quel pezzetto di strada, prendere l'autobus, passare davanti a quella strada, a quella chiesa a quel monumento, che vedi tutti i giorni mattina e sera, e andare a lavorare o a far la spesa o a incontrare un'amica.
Vivere a Roma vuol dire uscire di casa la mattina fare quel pezzo di strada, prendere l'autobus e passare davanti al colosseo, o al vaticano, o all'altare della patria e andare al lavoro. Vivere a Roma è troppo impegnativo. Roma è da vacanza, da vedere ogni 15 anni e riconoscerla e sapere dove andare come se ci fossi stato ieri. Roma è sorprenderti tutte le volte, spalancare gli occhi davanti a quelle meraviglie come se le vedessi per la prima volta. E non lo puoi fare se ci vivi.
Rientrando a casa mi son fatta la domanda che mi faccio sempre quando visito una città: "se potessi portarti qualcosa di Roma a Bologna, solo una cosa, cosa porteresti?".
Certo non il colosseo, non la fontana di Trevi, non l'altare della patria. Non sono cose che vorrei vedere tutte le mattine, mentre vado al lavoro. Perderebbero quel fascino del vederle ogni 15 anni.
Io se potessi portare a Bologna qualcosa di Roma, da vedere tutti i giorni mentre vado al lavoro, mi porterei il sole.

dada Delfina